A tu per tu con Gabriele Giuliani
A tu per tu con Gabriele Giuliani

A tu per tu con Gabriele Giuliani

Per chiudere il primo ciclo di interviste con gli editor, abbiamo deciso di far ascoltare la voce di un altro dei soci di Lessico e Nuvole, Gabriele Giuliani. Per l’occasione l’intervistatrice è anche la migliore editor che abbiamo e la cui voce nel panorama editoriale si fa sempre più autorevole: Annachiara Biancardino. La sua precedente intervista la trovate qui.

Gabriele Giuliani è nato a Roma ma vive in Umbria da molti anni. Dopo una laurea in Scienze della Formazione e svariati altri lavori, decide di assecondare l’amore per la scrittura che lo accompagna da anni e così finisce per pubblicare cinque libri, mentre il sesto vedrà la luce a breve. Nel frattempo, legandosi sempre più al mondo editoriale, intraprende l’attività di editor, sia freelance che per alcune case editrici. La biografia completa la potete leggere qui.

Benvenuto Gabriele, in realtà sei già a casa tua, come ti senti in questa veste di intervistato? Il cambio di ruolo è difficile?

Beh, è sicuramente strano, ma abbiamo pensato che fosse giusto far sentire anche la nostra voce direttamente. Quindi diciamo che sono pronto.

La prima domanda che ti pongo è quella di routine. Come sei diventato un editor, qual è stato il tuo percorso nel mondo delle Lettere?

È stato un processo del tutto graduale e direi quasi naturale. A pensarci oggi direi che era inevitabile. La mia formazione è umanistica ma non determinante riguardo alla scrittura. Quando sei un forte lettore, ami i libri e le varie forme di scrittura, sei già indirizzato inconsapevolmente verso quella strada che poi può prendere mille diramazioni: scrittore ovviamente, docente di Lettere magari, quella di critico, perfino editore o magari fermarsi, perché no, solo ad appassionato lettore. Ma dal momento in cui inizi a scrivere seriamente e in ottica di pubblicazione, imboccare anche la strada dell’editing è molto facile. Il piacere della scrittura, la propria o quella degli altri, riempie interamente la tua giornata e se non ti pesa, se lo fai con passione, scoprendo nuove voci, nuove storie e nuove avventure, capisci che il percorso è quella giusto.

Inoltre, ho sempre amato pensare che le persone contagiate dalla magia dei libri finiscano inevitabilmente in qualche modo a gravitare in quell’orbita e magari chi non è accompagnato dal sacro fuoco della scrittura lo ritroveremo a lavorare in biblioteca, o magari in libreria, a dirigere una rivista, a recensire libri, essere book blogger. Una visione romantica forse, ma in fondo è quello che la scrittura ci regala. Storie e sogni.

Qual è il rapporto tra lavoro editoriale e formazione culturale? Quanto tempo hai dedicato e dedichi allo studio letterario, alla lettura ecc.?

Alla lettura moltissimo ma mai abbastanza. Questo è un cruccio che mi attanaglia da anni ormai, anche prima di cimentarmi nella scrittura e poi nell’editing. Più o meno dai miei vent’anni e con l’inizio di Alla ricerca del tempo perduto di Proust, mi sono reso conto che una vita non mi sarebbe bastata per leggere tutto quello che volevo. Me ne sarebbero servite due o tre. Accettata l’idea però, cerco di leggere tutto quello che può aiutarmi nella mia formazione senza tralasciare letture per il mio accrescimento personale. Non si può fare a meno di leggere tutti gli autori fondamentali del Novecento che hanno lasciato una traccia importante, sono loro i maestri che ti guidano oggi, senza tralasciare la narrativa contemporanea. Bisogna sempre essere calati nel presente avendo ben radicato in mente il passato. E poi, il confine tra letture didattiche e di svago personale diventa molto labile a volte, alcuni romanzi insegnano più di un manuale. Senza dimenticare che, essendo io molto legato alla psicologia, la lettura di biografie e autobiografie mi aiuta molto anche come autore. Forniscono spunti incredibili!

Oltre che editor, tu sei anche un autore. Questo rappresenta un vantaggio o uno svantaggio nel rapporto con gli scrittori con cui lavori?

Eh, bella domanda! Guarda, in sincerità direi un cinquanta e cinquanta.

Molto autori si sono rivolti a me proprio dopo aver letto alcuni dei miei libri e basandosi sulla scrittura e lo stile hanno deciso di affidarmi i loro testi. Un aspetto che, lo ammetto, mi ha lusingato.

Di contro, molti scrittori sono restii a farsi editare da un altro autore per la paura che intervenga con il proprio registro stilistico a sporcare il proprio. Timore infondato tra l’altro, dato che io non riscrivo quasi mai, a meno che non mi venga richiesto, o per brevi parti di collegamento, e intervengo con suggerimenti e consigli su cui poi l’autore riflette. Ma la scrittura o riscrittura è sempre la sua.

Personalmente ritengo che un editor che sia anche autore rappresenti un valore aggiunto, perché comprende meglio il punto di vista dello scrittore.

E aggiungo che se è ben inserito nel mondo editoriale la sua visione può essere molto utile.

Sempre a questo proposito, come imposti il dialogo fra editor e autore?

Nel modo più semplice, diretto e onesto. Il nostro è anche un fine lavoro di psicologia, cerco quindi di compenetrare nel testo, capire cosa l’autore vuole davvero dire e aiutarlo a esprimerlo nel modo più efficace. Inoltre, ci deve essere empatia e fiducia tra i due, in quanto è un lavoro in sinergia. Gli editor non hanno la bacchetta magica e senza l’attiva collaborazione dell’autore i risultati non arrivano. Io posso consigliare, tagliare e raccordare, segnalare le ripetizioni, le ridondanze, gli spiegoni, suggerire una tecnica invece di un’altra, perfino una destrutturazione del testo; ma in definitiva è l’autore che deve recepire il tutto e poi lavorarci sopra. Sembra scontato ma non lo è. Molti pensano di affidare un lavoro che gli torna indietro dopo un paio di mesi bello pronto e confezionato. Non è il mio modo di procedere. Prediligo, quando è possibile, un editing affiancato, step by step con lo scrittore e questo solo dopo aver svolto alcune cartelle di prova, atte proprio a sondare la compatibilità tra editor e autore. Senza di questa il lavoro potrebbe diventare molto complicato. Quindi la chiarezza e l’onestà intellettuale sono la base del rapporto. Senza di essi preferisco non iniziare nemmeno il lavoro sul testo.

C’è chi immagina l’editor come un topo di biblioteca: un uomo-scrivania sommerso di file e cartacce. Quanto questa immagine corrisponde alla realtà?

Nel mio caso parecchio! E non solo come editor, ma anche come autore. Complice il mio passato analogico sono abituato a prendere appunti sparsi, con block notes aperti qua e là. Sono cresciuto in un’era senza PC e quindi la cosa mi viene naturale. Ovviamente, fin dai miei anni universitari ho usato i sistemi informatici e oggi mi alterno tra computer, tablet ed Ebook Reader. Ma senza un foglio di carta mi sentirei perso. La mia agenda è rigorosamente cartacea, i post-it sono compagni di viaggio e gli appunti sparsi una costante insieme alle frenetiche ricerche accompagnate dal pensiero fisso: eppure sono sicuro che da qualche parte l’avevo segnata quella cosa! Per me anche la consultazione del dizionario è vecchio stile, con il mio fidato Zingarelli. E non certo per praticità, data la mole e il peso, ma perché i concetti e le parole mi rimango maggiormente impressi nella mente, mentre l’uso della ricerca online con Google o Wikipedia, che comunque uso, è sì più facile e immediata ma si perde con più facilità.

Ma questo è un problema della nostra epoca, tutto passa in modo veloce e immediato e non lascia traccia.

Di contro, c’è chi si raffigura l’editor come un tecnico che si occupa di formattare i testi per renderli conformi ai gusti del mercato. Quanto c’è di vero?

Qualcosa di vero c’è, purtroppo. E dico purtroppo perché il pericolo di omologazione dei testi è alto ormai. Questo però è un problema diffuso in molti ambiti, si preferisce andare sul sicuro non c’è tempo per sperimentare, per l’innovazione, per nuove voci. Il mercato esige un risultato immediato, se questo non arriva si passa al prossimo libro e autore. Pensiamo alla serialità televisiva, che è stata spremuta fino all’ultima goccia. Si è passati dai medici ai preti, dai commissari e tutte le possibili forme di grado (ispettori, marescialli, sovrintendente, giudice…), se una cosa funziona si perpetua fino al suo esaurimento fisiologico.

Per fortuna in narrativa c’è ancora spazio per la pluralità, ma questo accade più nella piccola e media editoria. È un aspetto della nostra società che noi in editoria ci limitiamo a riflettere come in uno specchio deformato.

Ovviamente, bisogna distinguere tra grandi editor di una casa editrice o di un’agenzia letteraria, e quello della piccola editoria e poi i freelance. Negli ultimi due casi la funzione di scouting ancora sopravvive e molti testi vedono la luce dopo una segnalazione. Il marketing la fa meno da padrone.

Per fortuna il nostro è ancora un lavoro di grande creatività, dove esiste del margine e speriamo che duri ancora a lungo.

Se io dovessi associare una sola parola al lavoro di editing, direi “cura”. L’editor è colui che si prende cura delle parole degli altri (e spesso anche della persona dell’autore, barcamenandosi fra sindromi dell’impostura e sogni di gloria, insicurezze immotivate e aspettative inverosimili). Procedendo ugualmente per associazione, qual è la parola in cui tu racchiuderesti il lavoro dell’editor?

Guida. Mi piace l’idea di indicare una strada da seguire e poi da percorrere insieme all’autore. Si pensa sempre al processo di scrittura ma, come hai giustamente sottolineato tu, un percorso editoriale è costellato di buche e imprevisti e, per chi non è pratico e magari è al suo primo libro, passare dall’entusiasmo alla rinuncia è un passo molto breve. L’editing, oltre al lavoro sul testo, è anche indicare una via, magari adatta a quel tipo di persona o autore. Sostenere quando serve e frenare quando occorre. Torna sempre la psicologia che è fondamentale in questo lavoro.

Non a caso oggi si usa di più il termine “consulente editoriale”, perché si va ben oltre al lavoro sul testo.

Se potessi tornare indietro, sceglieresti ancora di diventare un editor?

Sì, perché come ho detto all’inizio era inevitabile. Ormai tutto il mio mondo viaggia insieme alle parole scritte. Mi piace far parte di questo mondo e delle sue innumerevoli sfaccettature, dal confronto con i colleghi alle fiere, dalle presentazioni ai concorsi, dai semplici consigli ai corsi.

Quali ricordi hanno condizionato la tua risposta precedente? In altre parole, quali sono state le tue più grandi soddisfazioni e le tue più cocenti delusioni sul piano professionale?

Ho pensato ai bei rapporti che si sono instaurati con alcuni degli autori che mi hanno affidato le loro parole. Rapporti sani, onesti, che rappresentano un valore aggiunto. Poi ai testi che sono cresciuti nella fase di editing e di cui gli autori erano soddisfatti. Senti di aver apportato qualcosa e questa è una doppia soddisfazione non legata ai risultati commerciali del libro.

Delusioni: alcune resistenze di fronte a errori evidenti in alcuni testi che mi hanno portato a riflettere su quanto la nostra attività sia a volte mal interpretata, specialmente da chi è alle prime armi. Regna un po’ di confusione sul ruolo dell’editor. E poi anche la sorte di alcuni validissimi testi che non hanno avuto il giusto riconoscimento o addirittura non sono riusciti a trovare la giusta strada. È un peccato, ma capita nella giungla del mondo editoriale.

Abbiamo sbirciato nel passato, ora guardiamo al futuro. Quali sono i tuoi progetti in corso e i tuoi sogni nel cassetto?

Di progetti ce ne sono molti, bisogna vedere quanti riuscirò a portarne a compimento! L’aspetto molto bello è che tutti questi progetti sono legati tra di loro in qualche modo. Come autore un mio lavoro vedrà la luce a breve, un romanzo molto particolare; come editor e presidente dell’associazione stiamo facendo un grande sforzo per unire diverse forme d’arte e di cultura. Narrativa ovviamente, ma unendola alla musica e al teatro, perché fondere questi elementi insieme diventa un arricchimento per ognuna di queste discipline. Molte delle nostre presentazioni e incontri hanno sposato questa filosofia e, se anche ciò significa un tempo e uno sforzo maggiore da dedicargli, lo facciamo con piacere.

Sogno nel cassetto…! Quando siamo bambini i cassetti sono enormi, contengono quantità incredibili di aspettative. Crescendo perdiamo la nostra innocenza e i sogni diventano rarefatti, perdono consistenza. Io però ne conservo alcuni, mi piace soffermarmi a un’altezza dove le nuvole sono ancora la materia dei sogni, anzi si gonfiano ancora di più. Ma i sogni sono come i desideri, non è bene svelarli o non si avverano.

Ho però un obiettivo a breve termine. Tempo fa lasciai un lavoro che mi piaceva molto e il dispiacere fu per entrambe le parti. Oggi mi piacerebbe tornare nella stesso ambito nelle vesti di autore e con la nostra associazione per tenere corsi di scrittura. Sembra che siamo sulla strada buona. Incrociamo le dita!

Buona scrittura a tutti.

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