A tu per tu con Annachiara Biancardino
A tu per tu con Annachiara Biancardino

A tu per tu con Annachiara Biancardino

Proseguiamo con la nostra rubrica di incontri con editor professionisti per meglio comprendere il mondo dell’editoria. Per questo secondo appuntamento incontriamo la direttrice editoriale della casa editrice Les Flâneurs edizioni, Annachiara Biancardino. Questo ci permetterà di entrare all’interno di una redazione e osservare il punto di vista dell’editor di una casa editrice.

Annachiara Biancardino è foggiana di nascita e barese d’adozione. Laureata in Lettere lavora come editor freelance e come direttrice editoriale per Les Flâneurs Edizioni. Ogni tanto recensisce libri che la colpiscono.

Ciao Annachiara, benvenuta, grazie di aver accettato questo invito e di arricchire questa rubrica con la tua testimonianza.

La prima domanda che ti pongo è quasi d’obbligo. Come è nato il tuo interesse verso l’editing? E aggiungo, era quello che pensavi di fare a 18 anni?

A 18 anni ero ancora indecisa sulla facoltà universitaria da scegliere, mi tormentava un dubbio amletico: Lettere o Psicologia? Alla fine ho scelto Lettere, dopo la laurea ho frequentato dei corsi di formazione editoriale e da lì è nato il mio interesse per l’editing. All’inizio credevo che si sarebbe trattato solo di un impegno secondario, non della mia attività principale. Poi mi ci sono appassionata sempre di più, forse troppo.

Cosa ti senti di consigliare a chi vorrebbe iniziare il mestiere di editor?

Consiglierei di investire su sé stessi e sulla propria formazione. Leggere leggere leggere, generi diversi, sia romanzi contemporanei sia classici, sia autori stranieri sia soprattutto italiani: dovrebbe essere scontato ma è sempre bene ribadirlo. Anche seguire dei corsi è una valida scelta e può diventare un punto di partenza. Poi, una discreta conoscenza delle dinamiche interne al mondo dei libri può aiutare molto. In relazione a quest’ultimo fattore, suggerirei di frequentare assiduamente le librerie, partecipare spesso alle presentazioni, ai convegni, ai festival, alle fiere editoriali ecc.
A questi consigli, per onestà intellettuale, devo aggiungerne un altro: armarsi di pazienza. Il mondo editoriale per alcuni versi ha dei ritmi frenetici, ma per altri aspetti le tempistiche sono bibliche, i frutti di quel che si è seminato si raccolgono a distanza di mesi o più spesso anni, senza contare che all’inizio la minore esperienza rispetto a chi frequenta lo stesso ambiente da più tempo viene fatta pesare a ogni passo.

Tu ricopri diversi ruoli all’interno della casa editrice: direttore editoriale, consulente, editor naturalmente, e talent scout. Quali di questi ruoli ritieni che sia il più impegnativo e quale quello che svolgi più volentieri.

Il più impegnativo è lo stesso che svolgo più volentieri: amo lo scouting. Valutare un manoscritto è una responsabilità non da poco, il timore di “sbagliare il libro” è una vexata quaestio per gli editor e i consulenti editoriali. La verità è che solo chi lavora troppo poco non commette errori o non scende mai a compromessi. Ma gli aspetti positivi dello scouting ti permettono di sconfiggere anche l’ansia da prestazione: niente mi rende felice quanto il sorriso di un autore alla firma del contratto, nulla mi fa sentire realizzata come le scommesse vinte.

La tua formazione universitaria è molto specifica e settoriale. Ti ha aiutato nel mondo dell’editoria o invece è stato un freno? Ci sono delle differenze e quali?

Da questo punto di vista, il mondo dell’editoria è inclusivo, ci si può arrivare partendo da percorsi diversi. Ci si confronta sempre con prospettive altre, è una buona palestra per l’elasticità mentale. La mia formazione universitaria è la più tradizionale, la ritengo valida per prepararsi a questo lavoro, ma non credo sia necessariamente la migliore, men che meno l’unica possibile. Ogni storia è a sé, la differenza la fa la persona più che il suo curriculum.

Pensiamo spesso all’editor come a una figura china sulla scrivania sommersa da risme di carta alte 50 cm e da post it, oppure impegnato a ticchettare sulla tastiera aprendo note, a revisionare, correggere, leggere, appuntare. È sempre realmente così o è un’immagine stereotipata?

È un’immagine stereotipata, anche se non mi dispiace. Personalmente, ho sempre preferito lavorare dietro le quinte, all’ombra dei miei libri. Un mio professore dell’università, quello a cui sono più legata, mi diceva che c’è chi nasce tuffatore, ovvero destinato a competere e brillare davanti al pubblico, e chi nasce trampolino, ovvero destinato ad aiutare gli altri a tuffarsi. Era indeciso su quale dei due ruoli facesse al caso mio. Oggi, a distanza di qualche anno, sento di potermi riconoscere nel trampolino, preferisco supportare gli altri nelle loro sfide che sentirmi al centro dell’altrui attenzione. Credo si tratti di una postura comune fra gli editor, in particolare fra gli “editor puri”, quelli che non sono anche scrittori.
Tuttavia, anche se contiene un fondo di verità, l’immagine del redattore solo e sommerso di carte non corrisponde del tutto al reale. In molti casi le cene di lavoro contano più delle ore di scrivania, e in generale coltivare le pubbliche relazioni è parte integrante del lavoro. La vita editoriale è fatta anche di una componente sociale.

Una domanda che poniamo sempre è di scegliere un solo aggettivo che definisca il tuo lavoro. Tu quale scegli?

Travolgente. Nel mondo editoriale, più in generale in quello culturale, spesso non si riesce a stabilire confini netti fra rapporti personali e professionali, tempo libero e orario di ufficio. Il lavoro diventa un’attività totalizzante. Il che, ça va sans dire, ha i suoi pro e i suoi contro.

Consideri questo un mestiere, pur con tutte le sue sfaccettature, più tecnico o istintivo?

Ragionando in termini quantitativi, direi più tecnico, i casi in cui prevalgono le considerazioni tecniche sono senz’altro più frequenti. Tuttavia, le maggiori soddisfazioni le ho avute quando ho concesso al mio istinto, alla parte di me emotiva e indisciplinata, di guidarmi, anche correndo qualche rischio in più.

La più grande gioia che hai provato come editor?

Ogni scommessa vinta, ogni volta in cui i fatti hanno dimostrato che un libro da me scelto meritava davvero di incontrare qualcuno che credesse in lui.

Hai un sogno nel cassetto, ovviamente in ambito editoriale?

Alcuni degli autori con cui ho la fortuna di lavorare meriterebbero un successo diventato quasi irraggiungibile in Italia oggi: sogno che qualcuno di loro lo raggiunga davvero.
E poi sogno di riuscire a continuare a sognare. L’ideale per chi lavora in questo ambito, a mio avviso, è avere sia i piedi ben piantati a terra, per riuscire ad affrontare il confronto con una realtà spesso molto distante dai nostri gusti e dai nostri orizzonti d’attesa, sia la testa fra le nuvole, perché la capacità di immaginare il futuro (in un certo senso di “sognarlo”) è l’unica dote che permette di individuare la direzione da seguire per trasformare gli obiettivi in traguardi.

Grazie Annachiara per la pazienza di rispondere a tutte queste domande. Ti lasciamo con la nostra classica domanda di chiusura: che futuro prevedi nel mondo editoriale di domani?

Una delle caratteristiche principali di questo mondo, attualmente, è l’iperframmentazione della proposta editoriale. In un contesto di questo tipo, è diventato sempre più difficile riuscire a individuare le realtà o anche soltanto i singoli titoli più meritevoli. Di contro, questa situazione pare riesca a tutelare parzialmente la bibliodiversità. Spero che non vengano inghiottite le nicchie e che anche le voci fuori dal coro continuino a trovare una porzione di spazio. In fondo sono quelle a cui resterò sempre più legata.

Il profilo Facebook e Instagram di Annachiara Biancardino

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